Dughero Patrizia

Patrizia Dughero

Sono nata a Trento, di origine friulana. Dopo studi classici, mi sono laureata in Discipline delle Arti, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna. Ho un master conseguito presso l’Università di Bologna. Ho svolto lavoro come restauratrice muraria e di affreschi presso alcuni cantieri bolognesi. Ho pubblicato in antologie di poesia con: Aletti Editore; Giulio Perrone Editore; selezionata al concorso “Vino della Pace” 2010 per “Filari in Versi”; al Premio Internazionale Haiku Capoliveri, 2010/2011. In antologie di racconti con: Giulio Perrone Editore, 2010, 2011 (Vincitrice Premio Fili di Parole, 2010): “Roma prova a scriverla”, GDS ed., 2010. Due le sillogi pubblicate: Luci di Ljubljana, Ibiskos Editrice Risolo, 2010; Le stanze del sale, ed. Le Voci della Luna, 2010 (Vincitrice sez. Cantiere Premio Renato Giorgi, Sasso Marconi, 2010). Sono apparsa in articoli di riviste specializzate: Le Voci della Luna; Orizzonti; Lo Scoglio; Poesia.  Attualmente collaboro con la redazione delle Associazioni: Le Voci della Luna; 24marzo.it.

Seconda mancanza 
Ho inseguito lo sconcerto, me lo hanno suggerito,
l’ambiguità, a un certo punto, è diventata
l’unico mezzo per sfuggire la costrizione.
Ma in costrizione sono rimasta fino a diventare blu.

Ho cercato i fili nella cittadella segreta, lo faccio sempre
ma poi il viaggio s’è fatto arduo
– c’è un abitante scomodo nella cittadella,
si chiama invece –

Mi sono fissata sulla visione della montagna dall’alto
non riuscivo a staccarmene.
Stavo sul pianoro di un ghiacciaio
e non potevo vedere dabbasso. Vedevo le altre vette

volevo guardare giù, chiedevo di osservare il precipizio
mi osservavo sentire la vertigine
ondeggiamenti come fossi una canna 
diretta solo al vento, un’isola di sabbia.

Avevo sonno anche, come spesso mi accade
ma le oscillazioni si susseguivano.
Fatemi tornare a terra, ho pensato prima, poi ho pensato:
Devo restare ancora un po’. Ma la vertigine, si sa, è incontrollabile.
Mi sono placata pensando al perdono:
si può perdonare al cielo di avere grandinato?
Ondeggiando tra due tendenze opposte 
il rosso è rimasto rosso, congelato nel ghiaccio.

Ho dimenticato l’assenza 
dispersa nella sua voragine
mancanza di chi poteva esserci e non c’è
                                                       invece.

 

il typus di circolazione sanguigna è determinato dal sangue
 che entra negli organi come sangue arterioso
                                                                            rosso

 e li lascia come sangue venoso
                                                    blu

Compito

A volte li frantumo i sassi
per vedere se trovo qualche pezzo 
buono da salvare.
Difficile risalire le parole, appellativi,
come fatua, ad esempio, che impedisce il peso 
di ogni mia lettura.
Difficile tessere fili che vedi sparpagliati
se non sei abituata a ore di telaio.
Un giorno una veggente che mi piaceva 
consultare – era molto brava –
disse che il mio compito è tutto ciò che è materiale.
Basta con la meditazione e la contemplazione
e tutto ciò che è trascendente.
Occorreva appoggiare i piedi a terra.
Non l’ho ascoltata e ho continuato.
Ma quando il dono è arrivato, io l’ho accolto.
Ho iniziato a trasportare ciò che ricevevo, onorando,
a tramandarlo, lasciando che trabocchi su altri.
Ho iniziato a trasportare mattone su mattone
asciugando il sudore con la pietra bianca.
Mi hanno insegnato che esiste il taglia e cuci
anche per i vecchi muri: tecnica raffinata.
Io l’ho osservata e ora è quel che faccio,
che tento, coi gesti e le parole, se posso.
Scavo dei buchi ai vecchi muri e poi li copro
L’ intesso con mattoni nuovi e poi li mostro.
Vinco la vergogna, a volte, sperando
che sia utile e che serva.
                                                     Un compito pesante.

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