Roberto Ferrari
nasce a Gorizia nel 1959, dove viene in contatto fin da subito con il significato profondo del confine, da cui è attratto irresistibilmente. All’età di cinque anni, si perde nel corso di una processione religiosa. I tentativi di ritrovamento, perpetrati da alcune persone a lui care e da altre meno gradite non producono, ancora, nessun effetto. Vive tra la Bassa Friuliana e il Veneto Orientale; è animatore culturale e operatore sociale: si occupa di salute mentale da sempre. Fa parte dei Poeti Benandanti, gruppo che partecipa spesso a letture performative nei luoghi più impensati in Italia e all’estero ed è attivo nell’Associazione Culturale Porto dei Benandanti di Portogruaro (VE). Ha pubblicato nel 1977 per Savelli editore di Roma, suoi testi sono inseriti nelle antologie poetiche Notturni di_versi (2006 – 2007 – 2008 – 2009), edite da Nuova Dimensione di Portogruaro e in altre antologie italiane e slovene e per alcune riviste alternative. Alcune sue poesie sono state tradotte in sloveno, inglese e russo. Produce video poesie. Sogna molto e ama il silenzio.
Il carnevale è finito
il carnevale è finito
carnival is over
annuncio ufficiale!
la notizia corre sulla bocca di tutti
scivola e s’intrufola
dentro le teste
di fretta
tutti
si mangiano le parole
per non lasciar tracce
il carnevale è andato
sotto le braghe
sotto le ambizioni
è andato
speak only if it improves upon the silence
la festa lascia rottami sbiancati
e scarponi
con cui possiamo calpestarci
con letizia smaniosa
tutti parlano con le mani
c’è chi pesta il vicino già estinto
c’è chi si tocca la bocca
ma, miei cari,
il carnevale si sta seppellendo
con fiori di plastica
e preghiere edificate con maledizioni
parleremo solo dopo il silenzio
per migliorarlo o distruggerlo pienamente
con la nostra noiosa smania di sapere
sapere che dal barbiere non si tagliano gole
sapere che il pensiero è natura anch’esso
up to now
almeno fino a questo momento …
Qui a Sarajevo
qui a Sarajevo
come in tutte le città, sobborghi, villaggi
dopo le operazioni belliche,
le macerie, in fondo,
sono fatte di mattoni, pietre, travi
con cui innalzare ancora
altre case
e starci dentro, abitarle
e osservare, diligentemente
fuori dalla finestra
i vicini, i passanti
e ascoltare con attenzione
se parlano la nostra lingua
e attendere
con la pazienza
propria degli umani
l’arrivo di
un’altra battaglia
solo domani
mi sono fermato,
sempre
dinanzi ai passaggi a livello
è il rispetto del treno
è una priorità
è assoluta
come la musica
che scorre nei fegati
e negli interstizi
dei rumori del mondo
quanti kili di sapone
ho consumato
per lavare il mio cuore
avvelenando l’aria con lo scarico
di mille camion
utili al trasporto del sapone
l’aria che ho respirato
io,
in compagnia dell’amore
mi sono fermato
poi
una sera
lungo i fanghi
carta e moneta
lungo i fianchi
sfiorati da canali soffici
mangio uova
insieme ai miei pazienti
e attendo lo schiudersi
in silenzio
con i rumori del mondo
che arranca per comprendere
uova saporite
e senza parole
il massimo delle uova disponibili
sul mercato dell’incomprensione
totale
mi sono fermato
oggi
esattamente nello stesso identico punto
di 35 anni or sono
batto le mani al ritmo della paura
batto le mani
e…
godimento pulito
fischio del treno
attendo domani
solo domani