Cupani Guido

rid_Guido CupaniGuido Cupani è nato a Pordenone il 29 giugno 1981. Abita a Trieste, dove lavora presso l’osservatorio astronomico. Ama le coincidenze, la grammatica, i quasar, il pomeriggio, la birra, gli insetti di cui non conosce il nome. Ha esordito nel 2011 con la raccolta di poesie Le felicità, pubblicata da Samuele Editore. Sempre per Samuele Editore ha curato nel 2012 il volume Lettere – a te e nel 2013 la traduzione della silloge Nel santuario di Patrick Williamson. Tra le iniziative a cui ha partecipato ricordiamo la Festa di Poesia di Pordenone (edizioni 2010 e 2011) e i Notturni Di_versi di Portogruaro (edizioni 2011 e 2012). È membro di giuria del premio nazionale di poesia Mario Momi di Pordenone. Scrive con la mano sinistra.

dal libricino pubblicato nel mese di aprile 2013 dalle Edizioni Culturaglobale

Forse grazie alla sua formazione scientifica, Guido Cupani privilegia un approccio empirico nell’osservazione del reale, ma la tempo stesso sa che incanalare il vissuto in formule note è riduttivo o, meglio, impossibile. Le parole spesso partono dalla quotidianità e dalla terra, per poi liberarsi e cercare da sole il loro compimento. Ne deriva una poesia rastremata, leggera e densa al tempo stesso, in cui si aprono epifanie improvvise come porte per accedere ad una interiorità possibile.

Francesco Tomada

 

 

In memoriam R. P. W.

Considerate un momento

Robert Pershing Wadlow

che torreggiava

sulle prime quattro lettere di Illinois

e aveva un letto lungo un weekend

da venerdì a lunedì

ma piedi fragili

come la statua che vide in sogno

Nabucodonosor

Di certo era gentile

e sebbene il libro dei record non ne parli

lo si immagina facilmente in primo banco

a cantare le lodi

ripiegato come un metro da falegname

Portava in giro desideri

non più leggeri dei nostri

in un’aria più leggera

e sorrideva ai fotografi

perché ognuno deve fare il suo lavoro

Forse doveva risparmiare sul tempo

quel che aveva sprecato in altezza

e morì ventiduenne

(dissero i dottori) ancora intento a crescere

Lasciò soltanto la sua scarpa destra

a Mr Snyder di Manatee

vuota come un punto di domanda

E forse non seppe mai

perché Dio l’avesse mandato qui

ad essere il più alto

e niente più

 

 

Threnos (per altoparlante solo)

« attenzione

« treno in transito al binario

« zero

« inginocchiarsi oltre la linea gialla

« il treno euronotte numero

« I74LI4

« arriverà con un ritardo di

« tre

« decenni

« causa problemi qualsiasi

« causa sciopero universale

« dalle ore ventuno di

« sempre

« alle ore nove di

« mai

« il treno effettua servizio di

« penultima

« e

« ultima

« classe

« si rammenta ai signori viaggiatori che

« vige il divieto di futuro

« su tutto il treno

« si invitano i signori viaggiatori

« a servirsi delle porte inutilizzabili

« situate a

« centro destra treno

« o

« centro sinistra treno

« si avvisano i signori viaggiatori

« che

« si avvisano i signori viaggiatori

« siamo in arrivo

« a

« Oggi

« stazione di fine corsa

« vi scusiamo per il disagio

« treni presto sui nostri arrivederci forse

 

 

Nuovo discorso da una montagna antica

Beati coloro che imparano

sull’autobus che scala il purgatorio mattinale

l’inutile di litigare per un posto – siamo tutti accatastati

nel sacchetto come articoli a basso costo

e non è meno scomodo occupare il corridoio

per chi scende o attendere davanti al predellino

per chi sale o ripiegarsi nello scatto delle porte –

beati coloro che lo imparano

senza alzare la voce

prima della sera del tempo prima delle macchie sulle mani

perché il regno dei cieli comincia un lunedì di traffico

e segni inconfondibili proclamano

che il capolinea è vicino

Beati coloro che si aggrappano

 

 

Non agosto, non 1945

Quanta pace

attorno al Museo della pace

Sconvolgente

quel che può fare un’arma

di riconciliazione di massa

Entro tre chilometri dall’epicentro

la ricostruzione è totale

i ponti tutti interi

anche nel riflesso delle acque

i tetti ricoperchiati

i palazzi rasi al cielo

Chissà per quanto tempo, dicono

i prati di Hiroshima

fioriranno ancora a primavera

Solo una vecchia cupola

ha resistito alla meglio

all’esplosione della vita

Il suo monito è il silenzio

mentre scende un’innocua pioggia bianca

e le lancette segnano le otto e sedici

e bimbi sani come pesciolini

sciamano dal cortile della scuola

senza lasciare impronte sul selciato

 

 

Qualcosa di semplice sulla neve

Alla neve non importa dove cade

in totale souplesse

scombina orari e rotte, rompe

le uova nel paniere

La neve è come il tempo

solo più lesta e bianca

La neve sa spiegare cos’è una cancellata

un ramo, un davanzale

sa a cosa serve un parabrezza, perfino

il perché di una cicca sul marciapiede

La sua etica è semplice:

ama ciò che ha grazia

sotto la neve, rifiuta il resto

Quel che racconta la neve

è sempre interessante, ad esempio

di qui è passato un cane

La neve è il solo modo che ha il silenzio

siderale in cui cadiamo

di schiaffeggiarci il viso, infilarsi nel colletto

 

 

 

Alla morte

che mi chiedesse un giorno della vita, direi soltanto

ricordo che a volte

c’era la neve

A prima vista?

La prima volta che ci siamo visti

tu in realtà non mi hai visto

per colpa di una lente a contatto fuori posto

e io ho visto soltanto una ragazza dai capelli ricci

che si stropicciava gli occhi

Mi viene da ridere

e comunque non suonavano le campane che io ricordi

e cupido teneva ancora le sue frecce nella faretra

perché insomma era chiedere troppo all’universo

che fosse tutto così bello e buono

fin da subito

 

 

 

Erotico impersonale

Sulla sedia

i miei blue jeans fanno l’amore con i tuoi

Jorge Luis bacia Jane Austen

sopra il ripiano della libreria

Si accoppiano i tovaglioli nel cassetto

il tuo cuscino sul letto tocca il mio

Oh come fingere di non vederle

Non pensano, non dicono, semplicemente

le nostre cose fanno

 

 

 

Parabola

« Dottore, mi fa molto male

male dove non riesco a sentire

mi fa male in un punto a mezz’aria

a metà tra lo stomaco e il petto

proprio qui »

« Si riposi non chieda nulla al tempo ripassi fra tre giorni »

« Dottore, mi fa ancora male

il dolore si sposta come un grillo

lo potessi catturare ma mi sfugge

questo dolore caro

non vuole saperne di me »

« Non ci dia peso veda gente legga un libro torni fra sei giorni »

« Dottore, questa notte

ho seguito il consiglio

ho fatto l’amore in sogno

col mio dolore, l’ho strappato

al suo regno di irrealtà »

« Lei proprio non s’impegna »

« Dottore, il mio dolore è lontano

in un altra città

non mi chiama non so dove sia

fa la sua vita, dubito che pensi a me

più di un minuto ogni tanto »

« Ripassi fra venti giorni fra mille giorni »

« Dottore, ho perduto il mio dolore

sono solo come Caino

il mio corpo non mi serve

è peggio di una noce secca

sono nudo dentro e fuori

Dottore, la ringrazio, quanto le devo »

« Non ci pensi non mi tocchi se ne vada e non ritorni

la prego, non ritorni »

 

 

 

Quando tutto sarà chiaro

Scopriremo

che ai nostri cinque sensi

ne mancava uno, il più importante

E chi dirà

ce l’hai tenuto nascosto

mentre vagavamo nell’ignoto

E chi al contrario grazie

di avercelo donato finalmente

E questi andranno alla Sua destra

gli altri alla sinistra

 

 

 

Le quasi case

Presto lasceremo questo appartamento non nostro

per un altro appartamento non nostro

Ricomincerà la trafila

spulciare scegliere chiamare visitare

indovinare se certe stanze aspettano proprio noi

presentire i chiodi che pianteremo i mobili da collocare

le pentole a bollire sul fuoco i libri rimescolati sugli scaffali

se quello è davvero il nostro letto

– capirlo dagli occhi dell’una negli occhi dell’altro

Ho perso il conto delle quasi case nel passato

ignoro quante ancora nel futuro

non so unire i puntini sulla mappa

che già vedo sorvolare i continenti

e che comincia da te e me

e che ogni volta finisce

da un’altra parte

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