Cescon Roberto

Roberto CesconRoberto Cescon
Nato nel 1978 a Pordenone, dove vivo e insegno. Ho pubblicato Vicinolontano (Campanotto, 2000) e il saggio Il polittico della memoria. Aspetti macrotestuali sulla poesia di Franco Buffoni (Pieraldo, 2005). Miei racconti sono apparsi nell’antologia Scontrini (Baldini&Castoldi, 2004), nella rivista ‘Tina e su http://www.ombelicale.it. Il mio ultimo lavoro è La gravità della soglia (Samuele, 2010). Sono stato uno dei redattori della rivista on-line Ombelicale, sono tra i curatori della Festa di poesia e da qualche anno collaboro all’organizzazione dei festival letterari Pordenonelegge e Notturni di_versi.
http://robertocescon.com/

 

La direzione delle cose
La mano sulla sveglia ferma la notte
nel tempo che ancora ci prendiamo.
La tapparella taglia i contorni.
L’acqua nel termosifone è l’inizio
del giorno, le cose da fare.
Se dico ciabatte, armadio, servomuto,
so come arrivare alla porta.
La direzione delle cose è nelle parole
che dico, ma esiste prima.
Quando mi colpisce, cerco parole
per dirla, ma spesso non bastano.
Forse nel buio le cose
hanno una loro intelligenza
perché sono più di quello che siamo.

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Le cose che compriamo
Andare al supermercato è un modo
di rinnovare le promesse matrimoniali,
riempiendo i carrelli di offerte
e qualche sfizio, dopo esserci chiesti
più volte se vale la pena.
Ci fa sentire una famiglia.
Per le corsie pensiamo cosa manca
nelle antine della cucina bianca.
Alla cassa la commessa bionda
già ci conosce, passa sul rullo i codici
delle cose e noi le imbustiamo.
Lei ormai sa cosa ci piace.
Lo saprà anche di altri.
Le cose che compriamo ci raccontano.
Il mese scorso ha visto il test
dell’ovulazione. Oggi gli assorbenti.

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Ecco, sono uscite
L’indice attorciglia i riccioli neri,
il pollice schiaccia veloce i tasti
sulla panchina e allunga la ballerina
sopra la coscia dell’amica,
anche lei tra le borse di ecopelle
muove le dita sul tastierino rosa.
È un maggio che immagina il sole,
un pomeriggio di aiuole e semafori.
Ecco, sono uscite, volevano parlare.

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Un vecchio e un bambino
su una panchina del parco.
Il bambino ha le storie tra le mani,
non smetterebbe mai di giocare
perché è un soffio sotto la pelle.
Il vecchio guarda i rumori del parco,
le cose dei giorni sono i luoghi
delle parole.
Un vento li riempie, e gli occhi,
gli stessi, anche se sono cambiati.
Tra i due un libro, l’hanno letto insieme.
Ora è rimasto il tempo di andare
come sono stati.
Un vecchio e un bambino
su una panchina del parco.
Ecco, io sono così.

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Le donne dei poeti
Le donne dei poeti sono sante
chilometri e serate per sentirli
e dire sempre bene, è andata
bene, come al solito.
Sorridono davanti
pensando che col premio il poeta
pagherà l’assicurazione.
Sorseggiano in disparte
sperando che non faccia troppo tardi.
Talvolta, dopo essersi annusate
quanto basta, si siedono vicino
ad altre donne di poeti
parlando di vacanze, vestiti,
che il poeta non fa la lavatrice,
e biasimano gli altri menestrelli,
pesanti e incomprensibili.
I poeti sono molto fortunati
perché le donne stanno insieme a loro
non certo per i soldi,
ma perché poeta è la ciliegina
su qualcosa che all’inizio era perfetto.

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La prima volta quel battito
è una raffica che affiora
da profondità di cellule.
Per paradosso la vita è un battito
che rallenta, perché tra sussulti
si riavvolgono i giorni.
Anna dice quel battito
sotto lo schermo sarà interista
e già gli piace la nutella,
come se i desideri fossero sagome
da far combaciare
perché il bene è il rovescio della paura.
È scattato un conto alla rovescia
per nascere e diventare creatura
e un altro lungo un orizzonte
per diventare padre.

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