TITO MANIACCO

Tito Maniacco
Tito Maniacco (Udine, 6 gennaio 1932 – Udine, 21 gennaio 2010) è stato un poeta, scrittore e storico italiano di narrativa e saggistica. È stato anche critico, storico d’arte e curatore di mostre e artista. Insegnante, attivo in campo sociale e politico, fu amico di Pierpaolo Pasolini. La sua attività artistica e culturale si è svolta nel Friuli, regione a cui era profondamente legato e che descrisse nelle sue opere, a partire dagli anni cinquanta con il gruppo neorealista della rivista Momenti, su cui pubblicò le prime poesie. Attivo anche sul fronte politico, fu consigliere comunale per il PCI a Udine dal 1970 al 1985.

È stato insignito del Premio Epifania 2002. Ricevette dal Comune di Udine il sigillo della città nell’ottobre 2008.
Opere
Stagioni in Friuli, poesie, ed. del Provinciale, Udine 1958
Le vette del tempo, poesie, grafiche Fulvio, Udine 1971 (premio Cittadella 1972)
L’albero dentro la casa, racconti, ed. Incontri, Udine 1974
I senza storia. Storia del Friuli, Casamassima, 3 voll., Udine 1977-1979
Storia del Friuli, Newton Compton, Roma 1985
Da una lontananza irrevocabile, poemetto, Campanotto, Udine 1991
L’uomo dei canali, romanzo, Studio Tesi, Pordenone 1993
L’ideologia friulana. Critica dell’immaginario collettivo, KappaVu, Udine 1995, ISBN 9788889808658 – 2ª ed. 2010 ISBN 9788889808924
Gentiluomo nello studio, poemetto, Il Menocchio, Montereale Valcellina 1996
La patata non è un fiore, Vivere e morire da contadini, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1997
Mediterraneo, poemetto, Il Menocchio, Montereale Valcellina 1998
Genesi, racconti, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1999
La veglia di Ceschia, romanzo, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 2001
Patriarca nella nebbia, poemetto, Il Menocchio, Montereale Valcellina 2004
Le favole del corvo, KappaVu, Udine 2005
Mestri di mont, 2007 (autobiografico)
Figlio del secolo, Kappa Vu, 2008 (autobiografico)
Una piccola osteria rossa, Quaderni del Menocchio, 2011 (postumo), ISBN 9788875621001

le foto per gentile concessione di Danilo Di Marco

UNA LUCE GENERALE

 

Ecco la mano che sorregge i pensieri

Ecco la mano che sorregge i pensieri
Ecco la mano che porta ai confini del mondo
i desideri del mondo
Ecco la mano che vola come una colomba
e s’appoggia al ramo che stilla l’umida notte
Ecco la mano che cerca nel buio la mano
Ecco la morte che prende in mano la mano

Ecco la commedia è finita ringraziate l’attore
Le vette del tempo, 1971 (Premio Cittadella 1972)

 

 

 

 
SPUNTA L’AURORA SUL PIANETA

Spunta l’aurora sul pianeta ma la sua ombra inganna gli sfruttatori
che così camminano nella luce come nelle tenebre
I galli sono morti nei campi le uova sono ricordi di cristallo
Le fabbriche gemono nelle campagne e producono acido fumo
e ruscelli scintillanti di plastica vanno da tutto il mondo
alla torre sulle montagne che non teme le lingue
perché parla per nastri perforati
e nessuno di nessuno
verrà più a confondere i costruttori
verrà mai a

Una luce generale, 1973 (Medaglia d’oro Gabicce mare 1975)

 

 

 

 

 

 

 

Un paesaggio lontano friulano

Vidi una volta albine volare le oche selvatiche
contro un cielo turchino profondo
Era sera e calava il brivido bruciato dei colli
verso l’oscuro fiume che l’attendeva all’ansa
Allora seduto con la pipa accesa e il berretto di pelo sul capo
come un indiano guardingo sonnolento contro la quercia
dissi – AH – così restai con il paesaggio
quando le oche selvatiche – AH – dileguarono

Venne la sera e si videro le prime stelle accendersi gelide
Allora dissi – AH – mi alzai e scesi fumando le mani in tasca

La farfalla notturna, 1976

 

 

 

 
Kappa n. 52

annota diligente Kappa
su carta giallo pallido
14 X 17
nella lotta fra te e il mondo
asseconda il mondo

se così farai sarai perduto
sarai perduto anche se non l’asseconderai

insomma
compagno
il gioco è truccato

 

Aforismi di Zürau di Kafka, 2006 (inediti)

 

 

 
Alle Färoër

Alle Färoër
sarei andato
fra spume d’onde e
uccelli

alle Färoër sarei andato
a scrivere di fronte
al mutevole muro delle acque
storie di barche
e
storie di pescatori
e saghe intrise di sale e sangue

alle Färoër
sarei
se
stanco non fossi
vecchio
e
malato
sarei andato

tutto quel che non puoi
avrei fatto
bugiardo
come ogni narratore
di cui parla la saga

Poesie sparse inedite (2006-7)

 

Una piccola osteria rossa

Dice Elimelech di Lisensk
dice
c’era una volta
una piccola osteria rossa
sulle rapide rive del fulgente Dniestr
c’era una volta
dove si mangiava una farinata
con tutte le erbe del paradiso
diceva l’ostessa

oh potessi ora mangiare
una farinata come quella
che serviva l’ostessa
della piccola osteria rossa
sulle rapide rive del fulgente Dniestr
oh
potessi
ora
una

Poesie per il secolo scorso, 2009

Quando Cambise mandò l’Armata Rossa

Quando Cambise
mandò l’Armata Rossa
verso il ribollir di Siwa
quando
per distruggere
l’ideologia di Ammon
allora il suo pensiero
evaporò
e lui
erede di Lenin il Grande
non seppe più nulla
mai per il mai
dei suoi soldati e dei suoi generali
il cui cranio fu granaio di vermi
a Ecbatana

sorridevano i denti
infissi nella scatola
abitata dalla sabbia

(Poesie sparse inedite (2006-7)

Prima di partire per

Prima di partire per il capo del mondo
prima di partire si disse
voglio una sacca piena di moleskine
si disse Chatwin
per graffiare i segni dell’esperienza
prima che combusta
vada nella brezza dell’Ellesponto
come le ceneri di Patroclo
si disse Chatwin
attorcigliando il voglio
intorno al ferro del fattibile

ma
ma l’anonima madame della cartoleria
in rue de l’Ancienne Comédie
afona
indifferente
rispose
messié Chatwìn
le vrai moleskine n’est plus
n’est
(Poesie sparse inedite (2006-7)

 

 

 

Ogni mattina

Ogni mattina
cammino nella guazza
scintillante

ogni mattina spicco una mela
da un ruvido melo

ogni mattina la mela
è più dolce
Oltris, 2009

 

 

A ponente

A ponente di dove si pone il tempo
un croceo colore
intona la musica di domani

che senso ha
essere lieti di un presagio?

Oltris, 2009

 

 

 

Al dondolio del ramo

Al dondolio del ramo
sog
giace
la scintillante rubra mela

nessun Newton montanaro
valuterà per gli infiniti giorni
la sua caduta
né un Watson campagnolo
misurerà l’attimo fuggente
in
scritto
nel Grande Libro
quando e il peso
e il moto
e il caso
incideranno sul picciolo
alla terra
tremula nell’arcobaleno di guazza
abbandonerà le spoglie
la rossa mela
o la mia vita

Oltris, 2009
Il viandante

Il viandante che tutto sa
s’agita alle novità
e come una farfalla
s’immerge nel nettare del fiore

è inutile
indicare il tramonto con il dito
se non hai il senso
della fine delle cose

Oltris, 2009

 

 

 

Lis fueis

Lis fueis dal cjariesâr
a si movin
cun l’ajar ch’a ven jù dal cjanâl
e al dîs Rico
justeapont
che lis fueis ch’ a si movin cun l’ajar
ch’a ven dal cjanâl
a son lis fueis ch’a si movin
e al dîs un altri
jevant un dêt bagnât

a è l’ajar ch’a si môf
ma un vecjo frari zen
al rît cence dinc’
e mi dîs
no l’è l’ajar
no son lis fueis
al è il cerviel ch’a si môf

Oltris, 2009

 

 

ADDIO AL POETA TITO MANIACCO, DI UDINE
(23 gennaio 2010)
di Carlos Montemayor
Dicono che nella giornata di ieri il mio amico abbia intrapreso un lungo viaggio.
So che noi poeti siamo abituati a percorsi vasti.
A volte hanno inizio dalla nostra tavola,
dalla finestra, da una pagina bianca.
I nostri lunghi viaggi non sono per scoprire o conquistare territori.
Quando riusciamo a ritornare,
spesso ci rendiamo conto
che possiamo solo comprendere
i territori che sono nostri.
Tantomeno li facciamo desiderando essere presenti in più luoghi,
ma solo in certi posti, in alcuni momenti.
Non possiamo rimanere per sempre nella donna che abbiamo amato,
nell’abbraccio del sole e delle terre che sono state la nostra famiglia.
Non possiamo estendere per sempre
il brindisi con gli amici fraterni e narratori,
che cantano e discutono fino a svegliare l’alba.
Non viaggiamo nemmeno per raggiungere il sollievo della poesia che ci ha guidati:
ma per ascoltare il nostro cuore, che non vuole capire.
Dicono che il mio amico abbia intrapreso un lungo viaggio.
Immagino si tratti di una nuova giornata verso la luce.
Una luce ora lo riceve, lo avvolge
e gli svela come siamo.
Forse, dopo il tunnel di luce che ha percorso,
lo accoglie un soffio leggero di aurora,
forse un velo grigio di silenzio,
o forse un piccolo villaggio in festa.
Mi sembra di vedere il paese nelle valli delle Prealpi.
O sarà sulle alture della cordigliera dello Yang Tse?
In quella catena di montagne,
conosciuta come la muraglia di Chiang Tsun,
dove finisce presto l’estate
e arrivano i venti freddi del nord,
dove le aquile volano sopra le vette
e il loro volo sembra un disegno,
assomigliando ad un pensiero?
Desiderava ritornare là, forse.
O probabilmente ci troviamo dentro la pagina bianca del suo viaggio,
là alza le braccia e ci chiama,
siamo parte di quella festa che non finisce,
parte di quel lungo viaggio che
continua a cercare e accogliere ciascuno di noi.
Lo scorgo laggiù, lontano.
Alzo la mano per salutarlo.
Pur sapendo che viaggia fra di noi.
Traduzione di Gabriella Cecotti
ADIÓS AL POETA TITO MANIACCO, DE ÚDINE
(23 de enero de 2010)
Por Carlos Montemayor
Dicen que el día de ayer mi amigo emprendió un largo viaje.
Sé que los poetas estamos acostumbrados a dilatadas travesías.
A veces las iniciamos desde nuestra mesa,
desde la ventana, desde una página en blanco.
Nuestros largos viajes no son para descubrir o conquistar territorios;
cuando logramos regresar,
a menudo nos damos cuenta
de que sólo pudimos comprender
los territorios que son nuestros.
No lo hacemos tampoco porque deseemos estar en muchos lugares,
salvo en ciertos sitios, en algunos instantes.
No podemos permanecer para siempre en la mujer que hemos amado,
en el abrazo del sol y de las tierras que han sido también nuestra familia.
No podemos extender para siempre
el brindis con los amigos fraternos y disertadores,
que cantan y discuten hasta que despiertan el alba.
Tampoco viajamos para alcanzar el aliento de la poesía que nos guió:
sí para escuchar nuestro corazón, que no quiere entender.
Dicen que mi amigo ha emprendido un largo viaje.
Me imagino que se trata de una nueva jornada hacia la luz.
Una luz ahora lo recibe, lo comprende
y le explica cómo somos.
Quizás, tras el túnel de luz que ha recorrido,
lo recibe un aliento suave de aurora,
acaso un velo gris de silencio,
o tal vez un pequeño poblado que está de fiesta.
Me parece ver el pueblo en los valles de los Prealpes.
¿O será en lo alto de las cordilleras del Yang-Tsé?
¿En aquella cadena de montañas,
las conocidas como las murallas de Chiang Tsun,
donde termina pronto el verano
y llegan los vientos fríos del norte,
donde las águilas vuelan sobre las cumbres
y su vuelo parece un dibujo,
se asemeja a un pensamiento?
Quería regresar ahí, acaso.
O posiblemente estamos en la página en blanco de su viaje,
Ahí levanta los brazos y nos llama,
somos parte de esa fiesta que no termina,
parte de ese largo viaje que a cada uno de nosotros
nos sigue buscando, nos sigue recibiendo.
Lo distingo allá, a lo lejos.
Levanto la mano para saludarlo.
Pero sé que viaja entre nosotros.

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