Iaschi Antonella

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con il pianista Claudio Cojaniz

Iaschi Antonella
E’ nata nel 1956 a Parma e vive da 25 anni in provincia di Modena.Ha già pubblicato: “Vorrei che fosse Pace”, poesie (L’Autore libri Firenze 1994); “Nuove foglie per terra”, poesie, (CEM Parma 1995); “Gentili care persone”, testimonianze di un’esperienza umanitaria durante la guerra Jugoslava (pubblicato a cura dell’ARCI di Modena col patrocinio della Regione Emilia Romagna per una campagna di finanziamento per l’affido a distanza di famiglie in difficoltà);(CEM Parma 1996) ” Respirando”, poesie (edizioni Alfazeta, Parma 1996) “Non è tempo per tacchi a spillo”, testo con una prefazione di Predrag Matvejeviç (Magma Edizioni Pesaro 2001 Collana Altre Terre); “Rendez-vous à Montmartre” poesie con il poeta di Camposanto Paolo Righi (CEM Parma 2003) “Il padrone dell’ospedale vecchio” (Cem Parma 2005) storie di quartiere della Parma di una volta scritto con Fabrizio Frabetti e Beatrice Fontana; “Io resto comunista”: poesie con foto di Giorgio Giliberti (2005); “Indissolubili presenze”: poesie per i quadri di Juliette Cacciatori (2005). Nel 1999 ha iniziato un percorso di pittura e poesia col pittore Giuseppe Pareschi, interrotto dalla prematura scomparsa dell’artista e comunque presentato al pubblico con mostre e catalogo, grazie alla collaborazione dei Comuni di Bondeno, Camposanto, Mirandola, Percorso continuato con la pittrice Maria Marzia Braglia per la mostra Bellezze Diverse (poesie di Antonella Iaschi , quadri di Marzia Braglia, fotografie di Francesco De Marco.

 

 

A pugno chiuso babbo e testa alta
immagini di un me che riconosco
immagini di un te che porto dentro.
Giacomo ha alzato il pugno verso te
e io l’ho fatto verso quel Compagno
che mi ha insegnato ad essere sincera.
A pugno chiuso babbo in ogni luogo
e gli altri parleranno senza dire
sempre ha creato invidia il fare altrui.
Perché loro non sanno delle assenze
e dell’amore nonostante tutto
per un Compagno impegnato altrove.
E non sanno neppure del dolore
di fare cose nonostante tutto
ma il tuo sangue nel mio non lo cancello.
A pugno chiuso babbo vado avanti
verso quegli altri che erano il tuo tutto
e sono il mio da sempre come hai detto.

Malajka

Ad occhi chiusi seguo le tue dita sul piano
cerco di ricordare qualcosa del tuo sguardo
per trovare risposte a emozioni improvvise.
Sento qualcosa in petto che volevo sentire
e spero sia il germoglio che volevo vedere,
nell’attesa ti ascolto e lo lascio pulsare.

L’ultimo batticuore è più il forte di tutti
perché scarica ossigeno dentro vicoli bui
e azzarda ancora vita nonostante il passato.
E’ timido e pauroso ma rimuove montagne
e corre incontro a sogni ancora da sognare
anche se la ragione tira con forza il freno.

L’ultimo batticuore ha la gioia del primo
perché ha nuovi percorsi e identiche speranze
di dolcezze e confini da superare insieme.
Conoscersi, annusarsi, rubare sensazioni,
cercare inconsciamente affinità esistenti
e trovarsi ad usare un unico linguaggio.

E’ arrivato, lo accolgo, e mi lascio incantare
da gesti inaspettati che spiazzano corazze
anche se so il pericolo di abbassare la guardia.
Non so se avrò ragione ma vorrei fosse lungo
il tempo senza senso del battere alterato
che carica il cervello e riporta il respiro.

Sono la nostra anima quei corpi
che galleggiano in un mare impietoso
capace di trasformarsi in arma
per chi tira le fila della disperazione.
Sono la nostra cecità quei corpi
distesi sulla spiaggia ad aspettare
il tempo che non potranno vivere
lontano dalla guerra e dalla fame.
Sono la nostra indifferenza quei corpi
che ci fanno pensare mi dispiace
come fosse una spugna che pulisce
il senso di impotenza che ci avvolge.
E io… calcolo il costo degli aerei,
le spese inutili per convegni sterili,
le leggi non pensate per proteggere
chi fugge verso il nulla per terrore.
E io…cerco parole anche se quelle
non sono né di pane né di quiete
non cancellano il freddo della morte
non riportano giochi non giocati.
Sono lo specchio di un deserto
quei corpi che diventano numeri
e io non voglio viverci in un mondo
fatto a misura di chi fa del male.

“For the first time in my life the weather was not something that touched me, that caressed me, froze or sweated me, but became me. ” Jack Kerouac

Sarò il gelo di una notte solitaria
ogni notte che tu non ci sarai,
sarò il sudore dell’agosto padano
per fasciare d’amore le radici.
Sarò il germoglio che sa osare a marzo
nel tepore di un’altra primavera,
e sarò vento, e pioggia, e lampi e tuoni
per urlare alla vita la mia rabbia.
Poi le carezze di un settembre rosso
in un letto di foglie e tenerezze,
e il tornado che porta via i ricordi
quando i ricordi si faranno scuri.
Sarò quella che sono nei tuoi baci
una goccia in attesa del suo mare
e del sole che se la riprende
riportandola al cielo di uno sguardo.

Questo scrivere di tutto
Che non partorisce nulla
Non mi sazia più
La Luna e la sua luce
Fanno molto più rumore
Di tutte le mie lettere/formica.

In fila indiana
Portando pesi grandi
Al deposito del tempo
Passano i miei pensieri
Sulle strade di un altro Igman
Che non è mai lo stesso

Dopo 20 anni con nomi differenti
Divise militari come zecche
Succhiano ancora corpi
E silenzi innocenti
Non potranno più dire della vita
Che li ha spinti a fuggire

Lascia un segno anche il vuoto
Più marcato dell’orma
Di chi non può arrivare
Nonostante il coraggio
Alle spiagge future
Di un futuro troncato

Mediterraneo scoglio
Imbiancato dal sale
Che tu non debba mai vedere
Quello che pensa un poeta
Sull’inutilità di esserlo
Mettendo in fila come bare
Impotenti parole/formica

La stagione del risveglio
Sta già offrendo i suoi calici
Fatti di petali o foglie
Ad illusi insetti distratti
Che bagneranno le ali
Sopravvissute alla notte

Si penseranno immortali
Giusto prima dello scontro
Con il becco di un uccello
E non avranno tempo
Per respirare il profumo
E per cogliere l’attimo

Scoppia dentro a prescindere
L’egoismo felice del possesso
Del sole, dell’aria, dell’istante
Legato ad una nuova traccia
Al calore di un viso ad un amore
Precipitato nel presente

Ho quindi sono questo è
E più sono più misuro trasparenza
Nelle mie lettere/formica
Che in fila indiana portano pesi
Sulle piste di troppi altri Igman
Percorse da troppi altrui dolori.

Cielo che apri primavera
Che tu non debba mai vedere
Quello che pensa un poeta
Sui luoghi comuni che sgorgano
A riempire le pagine
Di soliloqui impalpabili e sterili.

Appello ai mass media

Non usateci più
per strappare pietà
la forza delle donne
tiene accesa la luce
quando i popoli perdono la strada.
Non usateci più
per costruire sdegno
il corpo delle donne
tiene vivo l’orgoglio
quando i maschi uccidono l’amore.
Le lacrime di rabbia per figli martoriati
tenetevele chiuse nella mente
e cercate il messaggio
del silenzio che accusa
più di qualsiasi urlo di dolore.
Noi sappiamo rialzarci
per i figli che restano
e sorridiamo ancora nonostante le angosce
riempiendo piatti vuoti
con l’arte di chi ama.
Per un giorno soltanto
chiedo il silenzio stampa
né rose né mimose, non vittime o eroine
solo foto di donne a testa alta
e rispetto nella vita quotidiana.

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